C’è chi dice no. Noi diciamo: non così

thumbs up and down

Troppo spesso in Italia qualsiasi tentativo di cambiamento viene bloccato. Si sente spesso dire che nel nostro Paese trionfa sempre il “partito del no”. E personalmente chi vi scrive è abbastanza d’accordo. Ho avuto sovente l’impressione che da noi ciascuno voglia avere vantaggi scaricando però il prezzo su qualcun’altro: voglio poter viaggiare in auto ma non voglio il traffico sotto casa mia, voglio il treno veloce ma la ferrovia deve passare da un’altra parte, voglio pagare meno per smaltire i rifiuti ma la discarica o l’inceneritore devono essere lontano dalla mia città.

E verrebbe da aggiungere: voglio una Sanità più efficiente ma non toglietemi l’ospedale sotto casa. Per questo ci tenevo molto a scrivere questo articolo.

Parlerò esclusivamente a nome di questo blog che gestisco, ma credo che il mio pensiero possa essere condiviso anche da diversi altri tra le persone che si battono in questa battaglia: noi non facciamo parte del partito del no. Semmai di quello del “non così”.

Ovvero, io non nego che la Sanità in Martesana debba essere riorganizzata al più presto. Non nego che sia necessaria una razionalizzazione. Non nego che in quest’ottica due punti nascita così piccoli e così vicini tra loro non abbiano ragione di esistere. E – si badi bene – per ragioni di qualità e di sicurezza di mamme e bambini, non per questioni di risparmio economico.

Riassumendo, credo che il punto nascita unico sia un obiettivo giusto. Tutto sta a vedere come lo si vuole raggiungere.

Condivido il pensiero di chi lo vorrebbe collocato all’interno di un ospedale unico della Martesana, edificato da zero, in una struttura nuova. Mia opinione personale è che dovrebbe essere obbligatoriamente collocato lungo la linea della Metropolitana 2, e preferibilmente non troppo ad est, poiché dal punto di vista demografico la parte ovest della Martesana è decisamente più popolata rispetto a quella orientale. Se dovessi essere più preciso, personalmente mi sbilancerei dicendo che lo collocherei da qualche parte tra le stazioni MM2 di Villa Fiorita e Gorgonzola.

Detto questo: la soluzione dell’ospedale unico è praticabile? Non a breve termine.

Solo una settimana fa, l’assessore regionale alla Sanità, Mario Mantovani, ha evitato di rispondere in merito alla volontà o meno della Regione di procedere verso l’ospedale unico. Ossia effettuare finalmente uno studio di fattibilità e l’indagine epidemiologica necessaria. Regione Lombardia quindi non vuole investire in questo progetto. Anche se il denaro necessario non dovrebbe metterlo di tasca propria, ma attingendo a un fondo nazionale.

Bisogna dunque percorrere una strada differente, almeno nel breve e medio periodo: quella dell’accorpamento.

Accorpare Cernusco a Melzo come ha deciso la Regione, o Melzo a Cernusco? Per le ragioni spiegate in questo articolo, riteniamo che la seconda sia l’unica strada percorribile. Non solo perché la prima ipotesi è illegale (ed è stata pertanto segnalata alla Procura e al Ministero), ma perché porterebbe comunque alla chiusura automatica del punto nascita di Melzo entro pochi anni. La Maternità di Cernusco invece potrebbe puntare a passare da 600 a 1000 parti annui e potenziare di conseguenza i servizi offerti. Nella sua quasi cinquantennale storia ha già sostenuto volumi simili, arrivando negli anni ’80 a toccare i 1200 parti l’anno. Inoltre, il reparto cernuschese è stato ristrutturato e ampliato poco più di un anno fa, ed è dotato ora di una nuova sala parto e di una sala operatoria attigua per le urgenze, pronte ad essere inaugurate.

Ben venga dunque il cambiamento. Ma che sia un cambiamento fatto nel rispetto della legalità, dei criteri sanitari stabiliti dalle autorità competenti, che porti vantaggi a tutti i cittadini e non a pochi imprenditori che hanno investito nella sanità privata. Su questo sono stati chiamati a giudicare la Procura della Repubblica di Milano, la Corte dei Conti e il Ministero della Salute. Su questo noi continueremo a vigilare.

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